LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 26

 

24 aprile 2016 – 5^ Domenica del Tempo di Pasqua

Ciclo liturgico: anno C

 

Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:

come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

 

Giovanni 13,31-35     (At 14,21-27 - Salmo: 144 - Ap 21,1-5)

 

O Dio, che nel Cristo tuo Figlio rinnovi gli uomini e le cose, fa’ che accogliamo come statuto della nostra vita il comandamento della carità, per amare te e i fratelli come tu ci ami, e così manifestare al mondo la forza rinnovatrice del tuo Spirito.

 

 

I versetti 1-30 non li ascolteremo domenica, li ho inseriti per dare completezza al discorso di Gesù.

 

1 Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2 Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3 Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4 si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5 Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 6 Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: “Signore, tu lavi i piedi a me?”. 7 Rispose Gesù: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo”. 8 Gli disse Pietro: “Tu non mi laverai i piedi in eterno!”. Gli rispose Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. 9 Gli disse Simon Pietro: “Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!”. 10 Soggiunse Gesù: “Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti”. 11 Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: “Non tutti siete puri”. 12 Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: “Capite quello che ho fatto per voi? 13 Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14 Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15 Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. 16 In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. 17 Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. 18 Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto, ma deve compiersi la Scrittura: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno. 19 Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. 20 In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”. 21 Dette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: “In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà”. 22 I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. 23 Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. 24 Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. 25 Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: “Signore, chi è?”.

26 Rispose Gesù: “È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò”. E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. 27 Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: “Quello che vuoi fare, fallo presto”. 28 Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; 29 alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: “Compra quello che ci occorre per la festa”, oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. 30 Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.

 

  1. Quando Giuda fu uscito dal cenacolo, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui.
  2. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
  3. Figlioli, ancora per poco sono con voi. (Voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire.)
  4. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
  5. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». 

 

Spunti per la riflessione

Rendere gloria

Per cinque volte in una frase Gesù parla di gloria e glorificazione e di come lui, grazie al Padre, sta per essere glorificato.

La gloria: essere riconosciuto, applaudito, famoso, amato, celebrato.

È una parola che non usiamo più ma che, in realtà, portiamo ben radicata nel cuore.

Vivere una vita felice, fare un lavoro gratificante, avere attorno a noi persone positive che ci stimano, che ci amano, che stimiamo, che amiamo, è il desiderio fecondo e sano che portiamo inciso nell’anima e che accomuna tutti gli uomini di tutti i tempi.

È che poi, mannaggia, i consigli che ci sono dati su come raggiungere questi obiettivi sono discordanti, a volte in assoluta contraddizione.

Sei famoso se appari in televisione, devi essere aggressivo per salire la scala sociale, spregiudicato negli affetti, osare, aggredire…

I tristi, sempre più tristi esempi che stanno sotto i nostri occhi, la corruzione, l’inganno, la violenza, dal più piccolo impiegato al capo di Stato, rivelano lo sfacelo che possiamo produrre quando cerchiamo la gloria in maniera insensata e folle, quando questa diventa un idolo. Gesù parla con convinzione e determinazione della gloria e del fatto che sta per essere glorificato.

Solo che lo dice durante l’ultima cena, poco prima di essere arrestato.

Quando Giuda esce per andare a denunciarlo.

Che gloria

Gesù insiste, esagera: ora sono stato glorificato, dice.

Nel momento più doloroso del tradimento, quando una persona che ti ama e che ti ha seguito ti inganna, Gesù afferma che potrà manifestare pienamente la sua gloria.

Ma lo è lo fa?

No, Gesù compie qualcosa di straordinario: guarda al di là del presente, vede il bicchiere mezzo pieno, non si chiude in se stesso, depresso o rabbioso, per il tradimento. Poiché Giuda lo sta tradendo potrà dimostrargli che gli vuole bene sul serio.

Poiché sta per essere ucciso, potrà manifestare a tutti gli uomini quanto li ama, quanto ci ama, quanto è serio il suo amore. Nel tradimento di Giuda vediamo la misura dell’amore di Gesù. Giuda si è perso, certo, vero.

Ma il Signore non è venuto proprio a salvare chi era perduto?

La perdizione non è, appunto, il luogo teologico della salvezza?

Non veniamo salvati proprio perché, prima, ci siamo smarriti?

Con Giuda Gesù potrà dimostrare qual è la misura dell’amore di Dio: l’assenza di misura.

Ogni uomo che prende coscienza di sé si pone la domanda: sono perduto o salvato?

Gesù risponde: sei perduto e sei salvato.

Gli apostoli non capiscono, come non hanno capito il gesto della lavanda dei piedi.

Pietro, poco dopo, dirà che egli è disposto a dare la vita per Gesù.

Pietro, ormai, si prende per Dio, lo vuole salvare.

Gesù gli ricorderà che è lui a dare la vita per i suoi discepoli.

Un gallo urlerà ricordando a Pietro il suo limite. Non per Dio deve morire, ma con lui.

Tutto ciò che può fare il discepolo è imitare il Maestro, non sostituirlo.

Se

Gesù parla della sua gloria, una gloria che consiste nel manifestare quanto ci ama.

E chiede a noi di fare altrettanto.

La gloria è poter dimostrare il proprio amore. Un amore sano, centrato, luminoso, concreto, umile, oblato, fecondo, rispettoso.

Poco importa se diventeremo premi Nobel o grandi personaggi, splendidi genitori o grandi santi. Importa quanto avremo amato, o desiderato amare. Ecco la vera gloria, quella che il mondo non conosce. E che nessuno ci può togliere.

E se, invece di passare la vita ad elemosinare un applauso iniziassimo a voler amare?

Amatevi

Tra Giuda e Pietro gli altri evangelisti pongono l’ultima Cena.

Giovanni salta il racconto della cena per sostituirlo con la lavanda: la liturgia è falsa se non diventa servizio al fratello debole. Giovanni osa di più: tra i due tradimenti e le due salvezze (Giuda è salvato dal male, Pietro dal finto bene) inserisce l’unico comandamento dell’amore.

Gesù chiede di amarci (amare me, amare te) dell’amore con cui egli ci ha amato.

Corregge gli altri evangelisti. Il più grande comandamento non è amare Dio e il prossimo.

Ma amare il prossimo con l’amore che riceviamo da Dio.

Del suo amore, col suo amore. Non con l’amore di simpatia, di scelta, di sforzo, di virtù.

Con l’amore che, provenendo da Cristo, può riempire il nostro cuore per poi defluire verso il cuore degli altri.

Io non riesco ad amare le persone antipatiche, né quelle che mi fanno del male. Solo l’amore che viene da Dio, un amore teologico, mi permette di poter amare al di sopra dei sentimenti e delle emozioni.

Medaglie

Dall’amore dobbiamo essere conosciuti.

Non dalle devozioni, non dalle preghiere, non dai segni esteriori, non dall’organizzazione caritative, ma dall’amore. L’amore è ciò che maggiormente deve stare a cuore nella Chiesa.

Che sia vero, che sia libero, che diventi evidente.

Un amore in equilibrio tra emozione e scelta, tra enfasi e volontà, che diventi concreto e fattivo, tollerante e paziente, autentico e accessibile, che sappia manifestarsi nel momento della prova e del tradimento.

Celebrando oggi l’eucarestia, memoria del Risorto, cerchiamo anzitutto di amare di più e meglio, perché chi ci vede si accorga che in mezzo a noi dimora il Cristo.

Per glorificare anche noi il Padre.

 

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L’Autore

 

Paolo Curtaz

Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).

Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).

Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.

Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.

Nel 2009 consegue il baccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.

Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.

Come giornalista pubblicista ha collaborato con alcune riviste cristiane (Il Nostro Tempo, Famiglia Cristiana, L’Eco di Terrasanta) e con siti di pastorale cattolica.

Nel 1999 è stato uno dei protagonisti della campagna pubblicitaria della CEI per l’8x1000 alla Chiesa cattolica. Come parroco di Introd ha accolto per diverse volte papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI nelle loro vacanze estive a Les Combes, villaggio di Introd.
Esegesi biblica

L’ultima Cena e la lavanda dei piedi (13, 1-38)

Con il capitolo 13 si apre la seconda parte del vangelo di Giovanni, il cosiddetto “Libro della gloria e dell’ora”, la rivelazione che Gesù riserva ai discepoli è l’evento decisivo della morte e della glorificazione in croce. Stupenda è la nota iniziale, che pone questa vicenda conclusiva della vita terrena di Gesù all’insegna dell’amore. La lavanda dei piedi, all’interno del cenacolo, è la rappresentazione simbolica di questo amore. Gesù ama “fino alla fine”: questo significa nello stesso tempo fino alla morte e fino all’estremo dell’amore. A partire dal capitolo 13 il Cristo riserva il suo amore “ai suoi” (cfr. anche 13, 34-35; 15,12.17). Non è una restrizione apportata all’amore senza limiti del Gesù dei sinottici, ma è l’indicazione di un amore specifico che ci deve essere tra i credenti, amore radicato in quello del Figlio per il Padre.

L’introduzione solenne, quindi, prepara il lettore a leggere la lavanda dei piedi non come un semplice gesto di ospitalità, ma come un gesto simbolico dell’amore spinto fino alla morte. L’atto in sé era, infatti, di estrema umiliazione ed era proibito imporlo al servo ebreo; Gesù, invece, lo compie liberamente nei confronti dei suoi discepoli. Il rituale della Pasqua ebraica, infatti, non prevedeva nulla di simile.

La reazione di Pietro mira a sottolineare l’assurdità di quanto sta succedendo: il capovolgimento dei ruoli del padrone e dello schiavo, per lui Gesù non deve umiliarsi fino a quel punto. Questo mistero sarà veramente comprensibile ai discepoli soltanto più tardi, dopo la risurrezione e il dono dello Spirito (2,22; 3, 37-39; 12,16; 14,26).

Pietro dà immediatamente un’altra prova di non aver ancora capito nulla di quando sta succedendo, e Gesù: “Se non ti laverò non avrai parte con me”. Il gesto è un simbolo di tutto il ministero di Gesù che Pietro deve accettare come espressione della volontà di Dio, così come Cristo stesso ha fatto. Se Gesù insiste nel volergli lavare i piedi è perché quella è la condizione per essere perennemente unito a lui. La replica di Pietro: “Non solo i piedi ma anche le mani e il capo”, è lodevole perché vuole che la comunione col Maestro sia completa, ma la risposta è del tutto superflua. La lavanda dei piedi, dopo tutto, è semplicemente un simbolo, non è che i discepoli abbiano bisogno di lavare questa o quella parte del corpo. Essi infatti hanno già tutto quanto occorre per essere in unione con Cristo. La lezione generale è, però, molto chiara: anche i seguaci di Gesù dovranno seguirlo sulla via della generosità assoluta nel donarsi, simbolicamente espressa nella lavanda dei piedi: “Vi ho dato, infatti, l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (v. 15).

Come Pietro, Giuda si oppone a Gesù (v. 18), ma lo fa in maniera radicale in una specie di predestinazione tragica. Pietro non voleva che Gesù gli lavasse i piedi, manifestando così il rifiuto di accompagnarlo nella morte. Giuda, adempiendo la Scrittura (Salmo 41,10), leva il suo calcagno contro di lui, vale a dire diventa complice nella morte di Cristo. Ma la citazione del Salmo indica anche che, ciò che sta per accadere, si situa all’interno del progetto di Dio che ha come meta la rivelazione della divinità di Cristo anche nell’umiliazione della croce.

Il “turbamento” di Gesù (v. 21) è legato al tradimento e al potere del demonio che esso rivela. “Giuda” e il “discepolo che Gesù amava” esprimono due atteggiamenti di accoglienza opposti di Gesù: il primo lo tradisce senza pentimenti; il secondo lo accompagna nella sua morte, senza alcuna restrizione: è l’immagine del vero discepolo (19,16). Pietro, tra i due, tradisce ma si pente.

Appena uscito Giuda, ha inizio il lungo discorso di Gesù (13,31) che si estenderà fino alla fine del capitolo 17. In questo lungo discorso Gesù parla ai discepoli come se fosse già stato glorificato, perché la successione degli eventi (passione e morte) connessi con la sua glorificazione, hanno ormai avuto inizio.

La glorificazione del Figlio è in pari tempo la glorificazione del Padre: l’una si attua nell’altra. Tale glorificazione sarà realizzata immediatamente con la morte e risurrezione di Cristo, ma avrà la sua pienezza alla Parusìa, alla fine dei tempi.

La separazione di Gesù dai discepoli è solo temporanea, perché essi lo avranno sempre in mezzo a loro, se vivono il comandamento nuovo. Il comandamento di Gesù è nuovo in quanto viene esteso a tutti gli uomini senza alcuna distinzione. L’amore di Cristo non è soltanto il modello ma anche la motivazione e la causa dell’amore cristiano: “Amatevi come io ho amato voi”. Di qui l’importanza dell’amore fraterno come segno distintivo della vera Chiesa “in attesa del Cristo”.

La partenza di Gesù comporta sia la sua morte che il suo ritorno presso il Padre. Sarà il destino di Pietro e degli altri discepoli il condividere entrambe queste esperienze (”Più tardi mi seguirai”).